Gena
La conversazione fu inizialmente aiutata dal passo lento, poi divenne svelto, e il discorso meno profondo, meno acuto, meno scaltro, più ambiguo, ciò ostacolò ai due personaggi il dialogo. Io sono leggero come può essere leggero un battere ciò nonostante non sono senza paura, con le mascelle in movimento rapido comincio a masticare la mia proposta, ma non esce; quasi seccata la persona con cui credevo di attivare un dialogo accelerò di più il passo, per me era corsa, per lui era normale, abituato a fuggire, a evitare di controbattere le innumerevoli suppliche, che giungevano dagli strati inferiori dell’universo. “Sentivo in me, intuivo che mi sarei fatto del male, la incarnazione era una possibilità” Non sopporto più i suoi occhi che mi schiacciano, “quello non era il momento di proporre”, bruciato dal sole, che avevo sempre visto sotto di me, massa giallo cupo, sotto sotto i miei piedi, ora brillava appena un po’ più alto dell’alba, del mezzo giorno, del tramonto. Ero incarnato come un unghia, non tollero di pisciare e cagare, non tollero queste macchine chiamate uomini. Avevo solo il compito di isolare il mio interlocutore da personaggi che pregavano, imploravano senza sosta. Ma quel giorno la noia era, un faro immobile nell’universo, schiaffeggiata dal bagliore di astri che ora accecavano ora si chiudevano in piccolissimi punti neri, “come i puntini neri sulla pelle di queste macchie chiamate uomini “ Una cometa come un vento cotto dal ghiaccio scese dall’universo e presi un terribile “granchietto” mi venne il coraggio di masticare con gena (la gena, nel dialetto del paradiso, è un misto tra paura e pudore) la mia proposta.
a) non voglio più fare l’intermediario tra Lei e i supplicanti
b) voglio aprire una macelleria di carne di formiche, voglio vendere bistecche di formica
Quel giorno la noia era stata un faro immobile tra le mie ali. Ecco fuori dalla mie ali, finalmente !!!
Ero incarnato.
Lo schianto sugli scogli fu terribile avevo preso un terribile granchio, ed ora sullo scoglio salii su un granchio vero che mi portò incarnato sulla terra ferma.
In vero non c’era stata conversazione Lui volle punirmi, non era reincarnazione, un Cherubino non ha carne, fu solo incarnazione, la carne avvolse le mie ali e il vento di cui ero fatto, come la carne infiammata incarna un unghia, mi sentivo unghia incarnata trasformata in formica. Notai subito che le formiche non hanno chiappe come i vitelli.
Sta crescendo in me la consapevolezza di essere creatura mortale, anche se non immediatamente, poi inevitabile, sarà, poi la fine. Cerco nella formica un buco nero dove rinchiudermi non so neppure quanto vive una formica quanto dovrò ribollire prima della vera reincarnazione.
Confuso melanconico pentito triste ansioso depresso impaurito incerto infelice patofobo ipocondriaco nevrotico sono davanti al computer intollerante nell’essere incarnato nella razza umana che piscia e caga, cosa a me ex Cherubino sconosciuta e intollerabile.