Sogni nel cassetto
Chiudere gli occhi sul mondo, spegnere le orecchie alla confusione, fermare per qualche ora le lancette dell’orologio e fissarsi su un fermo immagine. La sera, dopo una giornata intensa, caotica e piena di guai, finalmente giunge l’ora del sonno. Le coperte calde e il cuscino morbido ci accolgono. Morfeo è pronto per stringerci tra le sue braccia. Ma come la mitologia insegna Morfeo e Orfeo sono gemelli: sonno e morte. E non sempre la notte (o “petite morte” per dirla alla francese) ci è di conforto. Durante le ore notturne ci possono agitare pensieri inquieti, in grado di trasformare la calma in confusione psichica e mentale, di provocarci la tachicardia e la sudorazione fredda, ingigantendo i problemi e facendoli apparire come invincibili orrende creature. Se siamo più fortunati e disponibili, però, può iniziare per noi una vita parallela: quella onirica. Fino a qualche mese fa ero una convinta fautrice dell’assenza di sogni durante il mio riposo notturno. Non riuscivo a ricordare nulla di ciò che succedeva la notte e neanche mi capacitavo del fatto di risvegliarmi qualche mattina più stanca della sera precedente. Fino a che non ho ricevuto in dono il “libro dei sogni”, un taccuino su cui annotare la mia attività ipnotica. Mi è stato insegnato come ricordare: al risveglio al mattino, anziché aprire immediatamente gli occhi allo squillo della sveglia, mantenerli chiusi e fissare le immagini, i fotogrammi del film notturno. Mi si è aperto un mondo! Ho scoperto di avere una sorta di vita parallela assai più ricca e movimentata di quella diurna. Il leit mòtiv ricorrente dei miei sogni è l’affannoso e disperato tentativo di raggiungere un obiettivo senza mai riuscirvi, per via di ostacoli e contrattempi che si avvicendano in un turn over vorticoso. Ho sognato di percorrere in bicicletta strade tortuose di montagna, di pedalare sui tetti spioventi e bagnati di pioggia, di incontrare stregoni con il viso dipinto che cercavano di insegnarmi l’arte della levitazione, sanguinari serial killer che tentavano di accoltellarmi, di rincorrere lungo un pendio un puzzolente sacco dell’immondizia che conteneva lucertole morte in avanzato stato di decomposizione, di lanciarmi nel vuoto scansando fili dell’alta tensione, ponti e gallerie finendo infine in mare aperto. Sono morta e sono risorta. Ho interagito, litigato e amato persone note e perfetti sconosciuti. Sono anche finita preda di un perfido uomo nero che, per non lasciarmi andar via, mi azzannava un avambraccio, provocandomi un prolungato formicolio alle dita. Un vero e proprio film di avventura, che, a confronto, i film di James Bond e di Indiana Jones appaiono banali e scontati. Tutto girato totalmente in bianco e nero, talvolta con qualche sprazzo di colore opaco: questa è la mia vita parallela, quella che spiega certe occhiaie scure del mattino al risveglio. Il significato dei miei sogni mi è ignoto, e, forse, è meglio così. Potrei scoprire oscure e incurabili turbe psichiche e finire, senza passare dal via, in un repartino psichiatrico con una flebo di sedativo in infusione continua. Ma il fascino misterioso dei sogni mi incuriosisce al punto tale che vorrei possederne il codice di lettura, la chiave della serratura dello scrigno fatato della comprensione. Vorrei poter portare i sogni vicino all’orecchio per ascoltare quali messaggi mi inviano e scavare fino al fondo del pozzo del mio inconscio. Mistero e fascino: questo è ciò che mi evoca il mondo dei sogni.
E voi? Che sogni fate, cari amici lettori?
Buon Natale a tutti,
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