Barba preve

Barba preve

Presentazione.
E’ il racconto di un esorcismo negli anni trenta, come narratore il nipote del prete. Con molta probabilità i fatti sono veritieri, anche se l’originale giuntomi è anonimo, ma la cura dello scritto mi ha indotto a dedurre che è stato rivisto con cura e in buon italiano. Per pigrizia non voglio proseguire nelle indagini chi fosse interessato penso potrebbe fare riferimento agli archivi della parrocchia di Agliè, Masino e la Curia di Ivrea. P S solo alcune righe sono mie, ed è facile riconoscerle dal modo di presentarle.

E’ vero, però, che come aspirante salesiano egli era stato allievo dello studentato Italo – Polalcco di Lombriasco e lì aveva conosciuto il vecchio don Bosco, che di spiriti e di diavoli se ne intendeva non poco …

Ma quando lo zio si trovava con gruppi di amici o con altri preti di sua fiducia, quando si sentiva di suo agio e di buon umore, allora parlava e raccontava con vivacità e una freschezza di particolari che era un piacere sentirlo.

Ricordo certe sue visite a Moncalieri negli anni 1928—32. Là si trovavano padre Pietro Berta, suo ex compagno di seminario, e quel burlone di padre Achille Caporali che trovava sempre il destro per dargli la stura durante il pranzo, mentre attorno ai tavoli poco discosti stavamo noi, una quindicina di giovanottelli, tutt’orecchi per ascoltarlo.

Il racconto

Il periodo dei dispetti

Nella cascina dei Ceich le stranezze erano cominciate nascostamente e gradatamente. Per esempio, mentre le mucche tiravano un carro, questo si era fermato, lasciando le bestie aggiogate continuare il loro viaggio da sole: era scomparsa , letteralmente scomparsa e diventata irreperibile, la cincioria cioè quel piolo metallico lungo e robusto che trapana il timone e lo fissa al collare pendente dal centro del giogo. Un’altra volta , un carro di fieno si rovesciò su un fianco lungo la strada; era scappata una ruota per l’improvvisa scomparsa dell’acciarino, cioè di quel arresto che blocca il mozzo nell’asse del carro. E cosa ancor più strana, mentre tutti cercavano disperatamente l’acciarino nei dintorni, questo era improvvisamente caduto giù dal cielo …

 

Una sera qualcuno era sceso in cantina per spillare il vino ed aveva trovato varie botti che stavano versando simultaneamente il loro prezioso contenuto sul pavimento; chi le aveva sturate ? Nella stessa cantina piovve ripetutamente giù dai finestrini che guardano verso il cortile una violenta sassaiola. E altri dispetti di questo genere per mesi consecutivi. In casa poi, colpi e colpetti alle pareti, rumore di passi senza che si potesse scoprire nessuno, voci sospiri e lamenti; visi che si sentivano sfiorare da mani invisibili, erano cose all’ordine del giorno e della notte. E li sentivano tutti sia i grandi che i piccoli.

Magna Majin ancor robusta malgrado le tante maternità, tutta presa dal lavoro per i figli, per la casa, per la stalla e per la campagna, in lei si manifestò progressivamente uno strano fenomeno; non poteva più uscire dal recinto del cortile. Se tentava di valicare un dato limite, le si indebolivano le forze, le giurava la testa, si sentiva andare a terra. Dovette rinunziare ad uscire in campagna e in paese per la spesa. (Oggi qs sintomatologia è conosciuta come agorafobia e curata con gli IRS, comunque vediamo cosa accade )

Le Ansie, Le Derisioni, Le Ipotesi ( che vennero fatte allora )

La famiglia di Barba Giuan era alla disperazione, e si trovava esposta alla derisione dei parenti e dei vicini di frazione: Ai Ceich ci sono gli spiriti! Il Russ ( dal colore dei capelli ) sono fissità, sono matti, fantasie , suggestionati, il Russ è un Barde e non vanno mai in Chiesa, perciò sono puniti. Da parte loro si sforzavano di ragionare sulla natura e sul perché di quella assurda persecuzione. Poco per volta si convinsero di essere vittime di spirit fulèt o masche o masches di cui sono pieni i vecchi racconti canavesani; di una invenzione di quei diavoli di preti. Ma perché era capitato proprio a loro ? Che male avevano fatto ? Sicuramente qualcuno doveva loro del male. Qualche stria doveva aver gettato il malocchio sulla casa, rendendola invasata. Chi poteva essere ? Pensa e ripensa, si fa strada un dubbio. Mesi prima era tornato dall’America un oriundo del paese, emigrato da giovane in cerca di lavoro. Aveva fatto fortuna negli USA, ma era andato avanti negli anni senza riuscire a sposarsi.

 

Maturo e ben sistemato, aveva avuto l’idea di tornare a cercar moglie nel suo paese. Qui aveva messo gli occhi su Ida figlia di Giuan, proprio in età da marito. Ma Ida non ne volle sapere, malgrado le lusinghe di lui e anche malgrado gli incoraggiamenti dei suoi. Il pretendente era giunto alle minacce. Poi un giorno era scomparso senza dir nulla a nessuno e di lui non si seppe nulla. Che sia stato lui a gettare la maledizione sulla casa ? che abbia pagato qualche fattucchiera dei vicini paesi di montagna, esperta nel fare “ la fisica “ A chi rivolgersi per consiglio senza cadere nel ridicolo ?

Il ricorso a Barba Preve

( tutte le famiglie a quel tempo avevano un prete come parente )

La decisione fu unanime. Andiamo dal cugino prete detto Tramulin. La distanza da Masino era un vantaggio per poter pensare con calma. Ecco arrivo a Masino di Ida, e di suo fratello, che io vedevo per la prima volta. Ecco il perché della singolare accoglienza riservata loro dallo zio. Non ricordo per quanto tempo sia durata la presenza del fratello. Sua sorella invece rimase a lungo in casa parrocchiale, anche se la presenza di una così bella ragazza stonasse un po’ con l’ambiente e suscitasse la curiosità dei Masinesi. Qualcuno mi chiese se lo zio l’avesse fatta venire per mostrarla ai giovani in cerca di moglie. Finalmente Ida ripartì, ma non per il paese, le trovarono un lavoro a Torino e là essa fondò la sua famiglia, che risiede tuttora in città e non torna ai Ceich che per le vacanze. Contro l’infestazione degli Spiriti, lo zio dette il consiglio più ovvio e più ortodosso; andare dalla autorità religiosa del paese, l’arciprete di Agliè e chiedergli di benedire la casa. Purtroppo la cascina un po’ per la lontananza un po’ per l’indifferenza dei suoi abitanti non aveva ricevuto da anni la Benedizione Pasquale.

Una benedizione boomerang

Ed ecco un pomeriggio arrivare l’arciprete Don Notario in cotta e stola, accompagnato da due allegri chierichetti con il secchiello dell’acqua Santa e il Rituale delle benedizioni. Saluti spiegazioni racconto delle penose vicende.

 

Tutta la famiglia Barde, dai grandi ai piccoli, è riunita nella patriarcale cucina. Il sacerdote apre il Rituale e comincia;

Auditorium nostrum in nomine domini … “ Risponde all’improvviso un urlo… E’ il grido di un ragazzo, che poi continua a schiamazzare ed a protestare;

No no via preve d’Ajè e un seguito ininterrotto di bèrci e tonfi alle pareti che lasciano tutti con il fiato sospeso. I presenti si guardano in faccia, chi è ? chi parla ? si è indemoniato uno dei figli ? ma tutti i ragazzi si sono stretti silenziosi e tremanti intorno alla mamma, il papà interdetto e spaurito pure lui cerca inutilmente a chi fare gli occhiacci. Era la prima volta che sentivano quella voce.

La voce continua distinta e forte pare di un ragazzo di otto – dieci anni e parla proprio il dialetto di Macugnano. ( così si chiamava quella parte di Agliè ). Don Notario suda freddo, gli verrebbe voglia di scappare come hanno fatto i suoi chierichetti che subito si sono accostati alla porta; ma è lui l’uomo della religione. Tocca a lui. Tutti gli sguardi sono su di lui. Si fa forza. Non ha alle mani l’Acqua Santa ma il Rituale. Ti ch’it sès ? cosa ch’it vole ? chiese con viso sicuro volto all’aria, ostentando la maggior possibile sicurezza. Don Notario parla il torinese, non è canavesano, è giunto arciprete ad Agliè in base ad un antico diritto di nomina da parte della borghesia di Agliè, suscitando voci malevoli dai soliti malevoli, infatti, al momento non aveva ancora conquistato le simpatia del paese, che poi avrà con gli interessi. Voglio che tu te ne vada via subito, Preve faus risponde spregiudicatamente con vocetta da macugnanese, poi continua con la forza di un adulto a insultare il malcapitato, raccontando le magagne della sua nomina, deridendolo e sghignazzando. Il poveretto cerca di balbetta qualcosa per salvare la faccia , ma non ci riesce. In queste circostanze non si può far niente. E batte in ritirata. Non farà più ritorno.

Una vocetta birichina e familiare

La voce si ripresentò la sera successiva calma, rivolge benevole parola ai familiari, sbigottiti tremanti. I Barde hanno ormai paura di abitare nella propria casa; dove andare? Con quale apprensione magna Majin riaccese il fuoco nel focolare, anche se tornato muto !!!

 

Tutta la famiglia si impegnò a non dir niente a nessuno di quello che era successo, abituata a proteggersi contro le canzonature della gente, mantenne rigorosamente il segreto. Così pure avrà fatto a propria difesa e finché poté il povero Arciprete, ma fu tradito dai chierichetti. Più tardi a fatti molto avanzati l’episodio venne riferito allo stesso Vescovo di Ivrea. La sera spento il focolare ricompare il suono di una trombetta di bimbo …

pè … pè … pè pronti pronti i sun mi !!!

chi … ti ? chiede barba Giuan .

Risatina no risposta

Dopo un po’ la vocetta ricomincia di iniziativa sua a parlare dicendo che è venuto a trovarli, e che sarebbe venuto ancora altre volte. Non voleva far del male a nessuno; avrebbe dato solo dei buoni consigli per il loro benessere … Parlava in modo così gentile e familiare che anche i Barde si calmarono. Anzi, nei successivi incontri , che avvenivano ad intermittenza senza altro preavviso che quello della trombetta, si fecero arditi e cominciarono a rispondergli e persino a rivolgergli delle domande. Gli argomenti erano sempre d’indole famigliare; consigli per una figlioletta malata, decisioni relative alle semine e ai raccolti ( quest’anno conviene seminare più fagioli che patate ? ). Lo Spirito li consigliava di pregare e di andare a messa … e i Barde dij Cieich cominciarono tra lo stupore di tutti a frequentare la Chiesa. Magna Mijn guarì e tornò al mercato.

Assembramenti abusivi … controlli fascisti

Qualcuno della famiglia cominciò a riferire a conoscenti il mistero della vocetta del ragazzino che certe sere veniva a trovarli. Si dovette accettare la presenza di qualche vicino, di qualche parente. Lo Spirito non se ne adombrò. Talvolta in quella cucina si formava un vero crocchio ad aspettare la trombetta. Se erano fortunati tutti i presenti ascoltavano in silenzio le esortazioni dell’invisibile. Qualcuno prese anche il coraggio di conversare con lui. Erano sempre discorsi giudiziosi e corretti, relativi a cose di famiglia, di malattie, di necessità. Lo Spirito non voleva curiosità inutili.

 

La cosa giunse ai carabinieri di Agliè, il maresciallo ritenne suo dovere intervenire per fare chiarezza, nel rigido clima fascista. Inchieste interrogatori minacce povero barba Giuàn, ora che aveva raggiunto la pace con le Potenze dell’altro Mondo, incappava nei sospetti di questo, molto meno Divino o per lo meno, meno “ spirituale “. Certe sere le pattuglie militari facevano improvvise irruzioni; ma lo Spirito non si presentava; finalmente lo sorpresero in flagrante conversazione. Scherzò sulla inutilità delle armi contro di lui. Impressionati i Carabinieri fecero rapporto al maresciallo, che trasmise ai superiori e questi al questore di Aosta ( allora Agliè era sotto Aosta) segnalando che la cosa era ormai di dominio pubblico. La polizia fascista decise di intervenire drasticamente e scientificamente per smascherare l’imbroglio ( l’avesse fatto con il loro Duce !!! )

La caccia alla radio segreta

Ai Ceich non lo si sapeva ancora, ma in quei primi decenni del secolo Guglielmo Marconi aveva sempre più perfezionato la sua scoperta del 1894 e, dal telegrafo senza fili, era giunto al telefono senza fili, con trasmissioni di parole e di musiche mediante microfoni e altoparlanti. Un giorno arrivò a Macugnano un drappello di camionette da cui scesero militari con strani strumenti, fecero allontanare i famigliari ed esaminarono la casa il pagliaio il giardino , cercavano i fili delle antenne dei telefoni; ma non trovarono nulla. Un gruppo prese barba Giuan che doveva indicare con esattezza da dove proveniva la voce, fu messa a soqquadro la cucina. Niente! La “scientifica “ rapporto Niente !

Il sopralluogo di Barba Preve

Giunse in moto una Gilera la tonaca girata dietro i pantaloni in testa cuffia di cuoio occhiali legati dietro la nuca non c’era nulla di prete nel vederlo, a fianco della moto il sidecar che veniva usato sia come taxi che come ambulanza per i suoi parrocchiani, che appunto per questi servigi si dicevano Cristiani. Arrivò di sera, sarebbe stato accettato dallo Spirito ?

 

Pè … pè … pè … preve d’Masin i tè gnu d’co ti ?

Si! … eh bèn it’è nin piasir ?

( Sei venuto ? Non ne ha piacere ? )

Poi inizio una lunga conversazione come tra vecchi amici. Si persuase lo zio di aver a che fare con un Spirit fulet un po’ fulatun ( folle stravagante con poco cervello buono insomma )

Ma insomma chi sei ? Mi sun Carlo Magno ! Ma sai chi era Carlo Magno ? Re d’Italia, il primo Re d’Italia !

Ma fammi ridere sei andato a scuola ? il primo Re d’Italia fu Arduino di Ivrea sepolto a Masino

No, i sun mi ( volveva dire che lui era un Re )

E dove abiti ? In excelsis. La serata finì.

La sera dopo gli chiesero di firmarsi. Volle sul tavolo un foglio, si sentì il crepitio del pennino sulla carta, era comparso un geroglifico che il prete interpretò come una rozza croce coronata in alto da un cerchio di fattura approssimativa e tagliato in basso da qualche linea diagonale. Il preve disse che dopo aver consultato i testi su Carlo Magno notò una certa somiglianza tra le firme di Fulet e di Carlo. ( il foglio venne poi perso purtroppo )

Un bel gioco non può durare

Episodi così si susseguirono senza regolarità ma per anche anni disse lo zio ( francamente mi pare esagerato ) che quando era in vena ne raccontava a perdita di fiato con risate sonore. Quel che diceva ci credeva veramente, i preti confratelli lo deridevano canzonandolo era “ ‘l preve dj’a spirit “, era sulla bocca di tutti malgrado la perpetua Lusjin lo rimproverasse.

 

Venne però il momento che ai Ciech cominciarono ad averne basta, per il buon nome, per la pace in famiglia, per gli interessi della cascina, l’avvenire dei figli …. Anche il Preve non voleva irritare più di tanto il Vescovo di Ivrea.

Tentativo di esorcismo

Decise tutto da sé

Una sera giunse con il suo Gilera sbrogliò la sottana, in tasca il Rituale delle benedizioni dell’esorcista più acqua Santa attinta dalla “ pilia “ della Chiesa di Masino. Carlo Magno ha la compiacenza di non mancare all’imprevisto appuntamento e atteggia il solito tono ridanciano e un pò provocatorio. Ma lo zio questa sera si dimostra seccato e non ha voglia di chiacchiere e passa subito all’attacco.

E’ ora che tu vada via da questa casa e che lasci la pace a tutti !

Mi ? mi fu l’un ch’i veui … c’av piasa o c’av piasa nin ! ( foccio quel che mi pare )

Ah si ? allora vedi come si fa !

Lo zio si appresta a calare le mani nelle tasche della tonaca per estrarre con fede risoluta gli strumenti del suo potere spirituale. Lo Spirito indispettito urla e sghignazza beffardo riduce a cocci la bottiglietta di acqua Santa che cola dai pantaloni e lo zio si ferisce. Ahhh balòss … nel sub conscio un tentativo di bestemmia. Carlo Magno, bene bestemmi pure tu ? Lo smacco ferì l’animo del preve oltre al piccolo taglio della mano. Nei giorni successivi la vocetta tornò senza rancore.

Qui ci vuole la gerarchia

In fondo Carlo Magno aveva dimostrato la propria debolezza; aveva riconosciuto la potenza dell’Acqua Santa rompendo la boccetta per impedire la Benedizione della casa e che l’Acqua cadesse pure su di lui, era pertanto vulnerabile; inoltre non si era permesso di insultare il parroco di Masino come invece aveva fatto con l’Arciprete di Agliè.

 

Lo zio era consapevole dei propri limiti di “ santità “ ben noti anche alla perpetua e se lo Spirito avesse deciso di usare la tattica di scoprire gli altarini ? Pensa e ripensa si convinse che Carlo Magno avrebbe potuto, lui non era in regola, anche perché doveva essere autorizzato dal Vescovo Mons Filippetto uomo sulle nuvole ma con l’autorità del Vangelo e a quel punto avrebbe chiuso la bocca e subito allo Spirito, si sa che i diavoli rispettano l’Autorità gerarchica più dei preti. Dell’esorcismo ai Ceich non venne incaricato l’Esorcista ufficiale della Diocesi, non qualcuno dei venerandi Canonici della Cattedrale, ma proprio lo zio, il Prete in precedenza minacciato di “ sospensione a divinis “ ( non è chiaro se per aver intrattenuto rapporti con lo Spirito o per altri fatti ) in ogni caso il più esposto. Il Vescovo gli dette tutte le istruzioni del caso, in Diocesi le lotte contro il Diavolo erano all’ordine del giorno ( prima che nascessero i neurolettici ). Gli consegnò anche il grosso Rituale tutto in latino con sessioni specifiche per i casi simili a quello che doveva affrontare; rileggersi fino alla noia “ Exorcismus in Satanam et Angelos aposthaticos “. Il giorno stabilito lo zio si confessò; in modo che i suoi peccati non fossero rintracciabili dallo Spirito.

Duello all’ultima goccia di Acqua Santa

Cucina Ceich

Que ch’e t’è gnu a far ( cosa sei venuto a fare ) A mandate via da custa cà Cristiana

(Carlo Magno e il Preve non hanno nessuna intenzione di condividere la misericordia)

Provte si t’è bun … !! ( provaci se sei capace I)

Lo zio prudentemente mandò fuori dalla cucina Magna Majin e tutti i ragazzi tendo per sé solo tre Giuan con i figli Massi e Peru. Sulla nera sottana la cotta bianca e la stola viola ad uno il secchiello dell’Acqua Santa da tenere ben saldo con l’aspertorio ben sporgente sul bordo, a portata di mano. Apre il Rituale che ormai ha imparato a memoria, mentre lo Spirito si ribella, aggressivo, urla strepita, le pareti vengono lacerate … Adiuro te per Deum vivum e giù Acqua Santa sul camino pareti sugli uomini e un po’ anche per se stesso.

 

Vu nin via nin via vu nin via previ maledet ( non vado via prete maledetto )

Impero, ( quando ricordava l’evento fiero ripeteva “Impero” ) tibi maledicte diabole … sapeva di aver dalla sua parte tutta la forza della Chiesa di tutto il Paradiso addirittura Dio con lui in quel momento; impietrito continuava con il latino, che solo loro due comprendevano. Lo Spirito si meravigliò della fede dello zio, adamantina granitica, ma impossessato pure lui dall’ira, dall’odio, non c’era spazio per discorsi, compromessi, tanto meno del discorso della montagna di Gesù.

Poi lo Spirito si azzittì.

Lo zio che continuava l’improperio con il tono proporzionato allo strepitio dell’avversario si sentì come la voce che grida nel deserto e provò quasi vergogna di sé. Abbasso la voce dicendo “ Per Christum Dominum nostrum amen “ … Era la liberazione.

Rientrarono Magna Majin i ragazzi che videro i quattro uomini estenuati pallidi madidi di sudore, tutto taceva in cucina, se ne andato ? Io dico di sì andrò a dirlo al Vescovo. La padrona di casa preparò allo zio grande vincitore una abbondante cena, come antipasto insalata di patate carote cipolle sedano piselli mescolati con maionese. Lo zio dopo il primo boccone ebbe una intuizione ognuna di queste verdure è un vostro pensiero disse senza essere capito, voi avete mescolato tutte le vostre paure ansie ossessioni apprensioni come questa insalata e li avete mescolate con lo spirito, che non esiste, il vostro cervello è una insalata russa e pure io ci sono cascato. Nel cuore della notte però tre terribili pè…pè…pè… squassarono il sonno, ma nulla vibrò nella casa. I cervelli dei Barde avevano digerito gli ultimi bocconi di un cervello ad insalata russa.

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