I ricordi di una talpa

I ricordi di una talpa

Noi talpe osservavamo con curiosità l’uomo camminare svelto sulla terra, raccogliere frutti cacciare, poi divenne stanziale. Per un breve periodo nacque pura poesia tra l’uomo e la terra , in seguito lui sviluppò una malattia legata al possesso della terra. Alcune volte le nostre tane si riempivano di sangue umano, altre volte venivamo dilaniate con gli uomini per lo scoppio delle loro guerre, il possesso della terra delle sue ricchezze lo allontanò dalla realtà. Incerti dissociati scivolavano nella psicosi del possesso. Talpinin continua il racconto; nel mio paese, arrivarono ingegneri geometri geologi imprenditore politici tutti interessati a sognare enormi guadagni. Nessuno parlò alla terra, la calpestavano senza pietà, arrivarono mezzi pesanti per dragarla, nessuno le parlava, fu violentata, allora le chiesi ma perché taci !? Mi dono, fu la risposta, mi dono perché è giusto, mi dono all’uomo, ha bisogno di benessere, mi dono perché sopra di me ci sarà lavoro, mi dono per le famiglie dei lavoratori, mi dono anche se non vedrò più la luce, non berrò più la rugiada. Allibito prima di essere sepolto dal cemento me ne andai. Per anni la terra nonostante il peso del cemento portò avanti l’impegno del dono, poi lo stabilimento venne chiuso. Tornai nei pochi angoli liberi dal cemento. Arrivarono i sindacati per salvare gli operai dalla fame, ma della terra nessuno se ne poneva il problema, terra di nessuno , ma come era possibile. Inoltre nessuno riconosceva che questo enorme fallimento fosse frutto di una malattia ben nota a Talpinin. Come fu possibile dare enormi quantità di denaro creare perdite incredibili, rendere incerto il futuro di migliaia di famiglie senza procedere regolarmente ad un esame psichiatrico degli amministratori! Venne un inverno talmente gelido che la terra si apriva e chiudeva si sgretolava in scaglie dure come pietra e noi sonnecchiavamo coperti da lei, saltuariamente sulla superficie gelata qualcuno di noi si avventurava quando ci venne riferito che alla fabbrica ormai desolata nessuno aveva tolto l’acqua, il gelo ruppe tutte le tubature, lo stabilimento già in degrado morì, nessuno lo volle più. La terra ricoperta dal cemento dal peso dell’incuria agonizzava, fievole chiese chi comanda questo baraccone ? Risposi sono le banche. Bene sentii la Banca Lunare, dissero che tutto era ripianato nei loro bilanci, nessun problema era una perdita, nulla di più, chiesi come fu possibile dare enormi capitali senza ulteriore esame psichiatrico, la risposta fu era un Vip a cui non si poteva dire di no! Ma chi ha pagato insistetti, gli stralunati clienti della banca fu la risposta! La terra disse e me !!!? Di te dicono non c’è traccia, non hai vita, non voti ! sei cosa obsoleta. Quando sentì queste cose, essere considerata morta, rivendicò la Riforma Agraria dei padri costituenti del 1950 quando parte dei latifondi erano incolti e lei soffriva l’incuria, ci furono espropri, e riprese a vivere. Questa terra, che mi sono donata, che con il suo cemento mi opprime, questa terra che non da ricchezza alle famiglie, questa terra che le banche hanno già ammortizzato non è più terra delle banche è di tutti, di tutto il territorio, a cui spetta il compito di liberarmi dal cemento. Questo raccontò Talpinin.

(Talpinin)

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